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Non so se sia una particolarità tutta italiana, sta di fatto che i partiti danno la sensazione di avere paura di presentarsi da soli agli elettori e costruiscono a tavolino una miriade liste civiche che li appoggino che altro non sono che aggregazioni di loro simpatizzanti o affiliati. In sostanza queste liste civiche sono lo stesso partito chiamato in altro modo.
Una vera lista civica non ha appartenenze politiche e salvo eccezioni particolarissime, ha la sola forza di presentarsi alle amministrative locali in quanto indipendenti (come per le elezioni amministrative comunali) e di conseguenza è poco credibile che liste civiche indipendenti si presentino alle regionali o alle elezioni politiche nazionali. La lista civica nasce da alcune persone anche di diversa fede politica, per rispondere alle esigenze di un territorio quando i partiti non mostrano di poter rispondere adeguatamente alle aspettative della gente.
Purtroppo in Italia si assiste ad una prolificazione di presunte liste civiche che hanno la sola funzione di fare da richiamo per gli elettori, come i cacciatori che usano i richiami per ingannare le prede.
A questo punto, forse è il caso che i partiti facciano una seria riflessione e valutare se non sia il caso di ripensarsi mettendo in discussione la loro identità che negli anni li ha sempre più allontanati dagli elettori. Continuare a sopravvivere così, nascondendosi dietro una miriade di liste civiche è paragonabile all’accanimento terapeutico di un malato terminale.
I puntini sulle “ì” … a proposito degli ingegneri, spesso definiti “squadrati e con poca fantasia” molto lontani dalla creatività … Ma in sostanza l’ingegnere è quella figura professionale (al di là delle specificità individuali che lo connotano come persona, ma questo vale per tutti) che di fatto “realizza i sogni fattibili” modellando la materia … ed è anche quella figura professionale che sulla base delle proprie conoscenze ingegneristiche dà una propria valutazione come quella “statisticamente probabile”. …
Non conosco il candidato Sindaco di Centro Destra, ma conosco gran parte del cosiddetto “contorno” che mi lascia molto PERPLESSO. … Conosco il Candidato Sindaco del Centro Sinistra e non condivido cosa ha fatto il centro sinistra in 20 anni a Macerata.
Preso atto di quello che offre il panorama politico maceratese, ho inviato ai giornali questa mia proposta (che credo non sia stata pubblicata ma poco importa):
“… mi permetto di fare alcune considerazioni non tanto sugli schieramenti politici, quanto su quello che è o dovrebbe essere l’obiettivo centrale di chi si presenta a chiedere il voto: il rilancio di Macerata, o se vogliamo la sua “rinascita”.
Questo se apparentemente potrebbe sembrare un obiettivo generico, perseguirlo presuppone necessariamente scelte amministrative importanti che coinvolgono più aspetti: dalla viabilità, all’occupazione, all’assetto urbanistico, al turismo e alla cultura, giusto per citarne alcuni.
Ma questo obiettivo non credo possa essere attuato dalla sola coalizione che vincerà le elezioni. Se per il bene di tutti e della Città si vuole raggiungerlo, sono fermamente convinto che su alcuni progetti o interventi amministrativi di ampio respiro ritenuti importanti per la Città, sia opportuno che preliminarmente si trovi un accordo fra tutte le coalizioni per condividerli in modo che trovino attuazione senza ostacoli politici, anche ben oltre il mandato elettorale della coalizione vincente alle prossime elezioni.
Infatti, da quando si è introdotta l’elezione diretta del Sindaco, la coalizione vincente non ha materialmente il tempo di predisporre e soprattutto attuare un piano organico di rilancio e di sviluppo della Città di ampio respiro, perché necessita di tempi lunghi e soprattutto continuità amministrativa. Per spiegarmi meglio a titolo di esempio accenno alla questione urbanistica e alla viabilità. Non si sono più predisposti Piani Regolatori in grado di garantire nel tempo uno sviluppo organico e ordinato del territorio, ma si è fatto ricorso alle famigerate “mini tematiche”, piccole varianti al piano regolatore che si sono moltiplicate nel tempo ad uso e consumo nella durata della legislatura, i cui risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti. Lo stesso si può dire della viabilità della Città, lasciata a sporadici interventi senza un progetto unitario complessivo, quando invece è necessario pensare a come collegare adeguatamente la Città alle grandi vie di comunicazione e al il territorio per attrarre investimenti e favorire l’insediamento di imprese che possono creare posti di lavoro.”
Placido Munafò
Si incentiva la rottamazione delle cosiddette “vecchie” autovetture e si concedono facilitazioni per l’acquisto di auto e bici elettriche. Queste scelte hanno come assunto che eliminando le “vecchie” auto e favorendo l’acquisto di mezzi di locomozione elettrica, a discapito di quelli che utilizzano motori a combustione interna (benzina o gasolio), si dà un contributo alla riduzione dell’emissione di gas inquinanti nell’atmosfera.
E’ così?
Leggendo qua e là tra diverse pubblicazioni che fanno un’analisi dei consumi di energia basati sulla “sul ciclo di vita” degli automezzi (LCA), si legge che per produrre una nuova auto tradizionale occorrerebbero circa 15.000 Kwh, mentre per produrre un’auto elettrica si ritrovano valori superiori anche se non in perfetta sintonia con un minimo di 25.000 Kwh ad un massimo di 40.000 Kwh, probabilmente in relazione alla quantità di batterie (accumulatori di elettricità) presi in considerazione, con seguente immissione nell’atmosfera di circa 40 tonnellate di anidride carbonica di cui 15-21 tonnellate solo per produrre le batterie.
Una politica di marketing che si traveste di ecologia per rinnovare e rilanciare la domanda di auto?
Si incentiva una domanda di auto per le famiglie o persone con reddito medio o medio basso?
Non di certo!
Infatti, volendo parlare solo del costo delle batterie che mediamente hanno una durata stimata tra i 7 e gli 8 anni (in cui si presume che si percorrano circa 160.000- 200.000 Km), hanno per le auto piccole (tipo Smart) con una capacità di stoccaggio di circa 16Kwh un costo di circa 9-10.000 Euro che diventano circa 40.000 Euro per le auto più grandi come ad esempio per alcuni modelli della Mercedes.
Le batterie hanno lo stesso rendimento e capacità di ricarica per il periodo stimato della loro vita utile e per il kilometraggio presunto in questo arco di tempo?
Acquistata l’auto elettrica ed esaurite, diciamo così le batterie, come potrà essere rivenduta? Dovrò gioco forza rottamarla?
E’ poi da tener presente che ad oggi le batterie per stoccare l’energia elettrica nelle auto non sono riciclabili e utilizzano materiali, come il litio, disponibili in quantità limitate solo in alcune arre geografiche del pianeta (vedi post precedente sull’argomento in questo steso Blog).
Nel 1927 l’Unione Radiofonica Italiana fu trasformata in Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR società anonima trasformata nel 1942 in S.p.a.) che nel 1934 iniziò a trasmettere ad onde core (che permettevano la ricezione a grande distanza a differenza di quelle ad onde medie). Ad esempio ad Ancona il servizio fu attivato il 15 luglio 1938.
L’EIAR iniziò anche la sperimentazione delle trasmissioni televisive (chiamate all’epoca “radiovisioni”) nel 1937 a Torino e nel 1939 fu installato il primo trasmettitore TV e fu trasmesso un programma sulle invenzioni di Leonardo, ma nel 1940 a causa della guerra la sperimentazione fu interrotta. Nel 1944 l’EIAR fu sostituita dalla RAI (Radio Audizioni Italia e nel 1954 cambiò denominazione in RAI- Radiotelevisione Italiana). Dal 1952 al 1975 la maggioranza assoluta della RAI era detenuta dall’IRI e dal 1993 la RAI è una S.p.a. di interesse nazionale con un consiglio di Amministrazione composto da cinque membri nominati d’intesa con i presidenti di Camera e Senato.
Con il RD 246/1938 è introdotta la tassa sul possesso di “apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni”. In sintesi, il cosiddetto “canone RAI” che altro non è che la tassa sul possesso di televisori e apparecchi radio.
A tal proposito, ad esempio, le sentenze della Corte Costituzionale n. 284 del 26 giugno 2002 e la n. 24010 del 26 novembre 2007 hanno chiarito che il “canone televisivo” non trova ragione nell’esistenza di un rapporto contrattuale che leghi il Contribuente con la RAI (che ha invece un rapporto contrattuale esclusivo con lo Stato), essendo un’imposta legata ESCLUSIVAMENTE al possesso di un apparecchio atto, o adibito alla ricezione di programmi televisivi o radiofonici (“radioaudizioni” recita il RD 246/1938).
Il che, a mio parere, sta a significare che gli spot pubblicitari che riguardano il pagamento di detto tributo è una PUBBLICITA’ INGANNEVOLE, lasciando fraintendere che esso è relativo al pagamento del “canone RAI”, ovvero del servizio offerto dalla RAI, confondendo il Contribuente sulla natura di detta imposta che ha indotto non pochi “mal capitati” a intentare, soccombendo, cause legali per non pagare il “canone RAI” perché non ne ricevono il segnale.