La casa littoria a Sturla (GE) progettata dall’arch. Luigi Carlo Daneri nel 1936 e completata nel 1938 ha tutti i caratteri dell’architettura razionalista (con struttura portante in cemento armato e pareti ti tamponamento portate) con un forte richiamo all’architettura di Le Corbusier. Può essere considerata, al pari di molti altri esempi più noti (ad esempio la Casa del Fascio di Terragni) una significativa testimonianza del vivace dibattito sull’architettura che animò tutto il Ventennio che vide contrapporsi i fautori del classicismo e del razionalismo a smentire chi negli anni successivi al dopo guerra, volle etichettare l’architettura di questo periodo semplicemente come “monumentale a testimoniare il potere centrale”. Niente di più falso. A differenza di altre nazioni come l’Unione Sovietica o la Germania, nel Ventennio non fu imposta un’architettura di “regime”, ma fu dato spazio al dibattito sull’architettura italiana agli esponenti delle diverse correnti di pensiero che ha portato alla realizzazione di edifici in differenti stili: razionalista, neoclassico e littorio. Lo testimoniano importanti opere architettoniche presenti in molte Città italiane. Senza citare quelle delle grandi Città come ad esempio Roma, o Firenze note ai più, anche nei piccoli centri si ha riscontro di esempi di architetture che testimoniano la presenza di differenti stili, come ad esempio a Macerata dove sono c’é l’ex GIL in stile razionalista, il palazzo degli Studi in stile neoclassico e il Mutilato in stile littorio.
Altro aspetto non trascurabile è l’innovazione tecnico -costruttiva che ha “sostenuto” indifferentemente tutti questi stili architettonici. L’innovazione tecnico - costruttiva non fu appannaggio del solo stile razionalista, ma la si ritrova anche negli edifici neo classici o littorio, ne è testimonianza anche il proliferare di innumerevoli brevetti italiani del periodo. Per fortuna già dalla seconda metà degli anni ottanta è venuto meno “quell’oscurantismo culturale” che animò l’Italia del dopo guerra e si iniziò a rivalutare quell’esperienza architettonica che ritengo sia stata una delle più caratterizzanti per il nostro Paese dopo il rinascimento.