Il Nodo di Salomone è un simbolo rappresentato due anelli (per fare un paragone simili agli anelli di una catena) concatenati tra loro ortogonalmente (presente anche in diverse stilizzazioni a rafforza l’immagine di unione indistricabile). Simbolo che si fa risalire al periodo dell’imperatore Augusto (I^ sec. d.C.) che volle “riesumare” la tradizionale di culti molto più antichi (Cfr. Archeologia Viva n.71/1998, A. Sansoni) che dal II^ sec. d. C. dalla Britanna alla Siria, venne diffusamente rappresentato (ad esempio nei templi) con mosaici. Nei secoli successivi ebbe, se così si può dire, un’ampia diffusione in anche in molte altre culture compresa quella cristiana (lo si ritrova in molte Chiese) simboleggiando la “croce” e la Trinità. Concetto quest’ultimo presente anche nella cultura celtica anche prima dell’avvento del cristianesimo (simbolismi Celti sono riconducibili al Nodo di Salomone), rappresentando la “Trinità” le tre dimensioni umane.
In sintesi, il Nodo di Salomone sta a d indicare “l’unione tra terra e cielo”, un “legame sacro-divino” a simboleggiare l’unione tra l’Umo e la Divinità, un nodo indistricabile a cui si attribuisce “potere”. Un simbolo molto diffuso, ma “discreto” come scrive il Sansoni, quasi nascosto, che non salta subito agli occhi, rintracciabile in molte culture dell’era pagana, paleocristiana, ebraica e alla svastica orientale. Lo si ritrova anche nei templi Indù, in alcune espressioni delle tradizioni africane e in testi ermetici associato al “labirinto” inteso come percorso iniziatico che dovrebbe portare alla scoperta della duplice natura umana (anima e materia).
Dando per certo che l’origine del Nodo di Salomone sia da ricondurre all’epoca augustea (come scrive il Sansoni), credo che sia plausibile giustificarne l’introduzione con la volontà dell’Imperatore di rappresentarsi come l’anello di unione tra il Popolo e le Divinità.