Si è appreso che dal prossimo gennaio le bollette per la Luce e il Gas aumenteranno rispettivamente del 55% e del 41,8%, certamente una batosta per le utenze domestiche e le nostre industrie che rischiano di avere serie difficolta nel rimanere nel mercato (giusto per mettere l’accento sullo sviluppo economico del nostro Paese).
Questi aumenti sono legati all’aumento dei prezzi delle materie prime (metano, GPL, ecc.) e al lievitare del prezzo pagato dalle imprese per le emissioni di CO2, legato quest’ultimo alla certificazione ETS (Emission Trading System) istituita dall’Unione Europea (UE) nel 2005.
Andando con ordine, sintetizzo alcuni aspetti legati a questi due fattori : aumento delle materie prime e il prezzo pagato per le emissioni di CO2.
L’aumento delle materie prime in particolare il GAS è legato alla riduzione delle forniture all’UE da parte della Russia legata agli equilibri internazionali (politica estera) che credo veda il nostro Paese fare da semplice “spettatore” pur essendo a conoscenza delle conseguenze economiche a cui si andrà incontro. Perché la Russia ha ridotto le forniture provocando il forte aumento dei prezzi? La questione è legata alla costruzione del gasdotto denominato “Nord Stream 2” che dovrebbe essere gestita dalla Società Nord Stream 2 AG con sede in Svizzera e che dovrebbe collegare la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico bai passando così l’Ucraina. Sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) che lo stop della Germania alla costruzione di questo gasdotto, sia di natura burocratica perché, secondo i governanti tedeschi, l’attività della questa Società dovrebbe essere regolata dalle norme tedesche. Su tale questione credo che sia opportuno
tenere anche presente il “ peso politico” rappresentato dalla costruzione del gasdotto Nord Stream 2 in quanto gli USA e i principali Paesi della UE sono impegnati a difendere la sovranità dell’Ucraina: bai passare il gasdotto che passa dall’l’Ucraina significherebbe anche creare non pochi problemi economici alla stessa Ucraina.
Per quanto riguarda le emissioni di CO2 (anidrite carbonica) la UE ogni anno stabilisce un tetto massimo che si traduce in un certo numero di quote (cap) che sono messe a disposizione degli operatori dei settori che sono assoggettati alla certificazione ETS. Con tale sistema ogni operatore annualmente deve restituire un numero di quote (cap) pari alla CO2 prodotta per evitare multe molto salate, di conseguenza chi supera il tetto massimo deve acquistare sul mercato da altri operatori le quote mancanti. Di fatto si assiste ad un vero e proprio business che ha attratto molti investitori finanziari (Cfr. Sole 24Ore del 13.9.2021) innescando quella che definirei una vera e propria “speculazione finanziaria” che ha portato nell’ultimo periodo ad un aumento di circa il 60-65% del prezzo all’asta delle quote (cap) di emissione di CO2.
Premesso quanto sopra perché a farne le spese dovrebbero essere le famiglie e le imprese italiane tenuto conto che l’Italia è solo al 61^ posto nella classifica dei Paesi più inquinanti, mentre nella stessa classifica i primi cinque posti sono nell’ordine occupati da: Cina, Usa, India, Russia e Giappone?
Per concludere, stando così le cose, credo che andrebbe messa in discussione l’attuale politica estera e ambientale dell’Europa, considerando anche il fatto che il maggior produttore di gas serra è la Cina che immette nell’atmosfera circa 10.000.000.000 di tonnellate di Co2 (pari a quella prodotta dagli altri quattro Paesi più inquinatori, Cfr. “Our world in data”), è che a detta dei proprio governo ,continuerà ad incrementare l’uso del carbone, ritenuto indispensabile per le loro industrie, almeno fino al 2055 senza che nessuno abbia potuto o voluto obiettare nulla