Il  palazzo comunale di Corridonia (MC)

di

Placido Munafò

Professore ordinario di Architettura Tecnica

 (ATTENZIONE: testo e immagini sono di proprietà esclusiva dell’Autore. Salvo esplicita autorizzazione dell’Autore, NON è permessa nessuna riproduzione anche parziale del testo e delle immagini con qualunque mezzo e strumento, compresi tutti i supporti e mezzi per l’archiviazione e la conservazione-memorizzazione come ad esempio CD, penne USB, Hard Disk, ecc.)

 

Premessa

L’interesse per il Palazzo Comunale di Corridonia (Macerata) è motivato dal fatto che è un  significativo esempio dell’architettura del Ventennio, forse il più importante nelle Marche con un rivestimento sottile di faccia in travertino.  Costruito negli anni ’30 all’interno del tessuto edilizio storico della cittadina, e caratterizzato da un’immagine architettonica più “metafisica” che razionalista.

Molti degli edifici che vennero costruiti nei primi decenni del ‘900,  sono definiti “Moderni” perché si caratterizzano dall’introduzione di nuove tecniche costruttive che permisero di realizzare edifici con caratteristiche formali del tutto diverse rispetto al passato, con regole compositive inedite per il periodo storico in cui videro la luce.

L’immagine architettonica del Municipio di Corridonia è fortemente caratterizzata dalla particolare finitura esterna in lastre sottili di travertino e per tale motivo è importante conoscerlo, perché è una innovazione tecnica tutta italiana che caratterizza molti edifici del Ventennio. Oltre a questo aspetto, come già accennato, tale finitura (esterna) ha un importante ruolo nel disegno architettonico dell’edificio stesso. La facciata rivestita in pietra è quasi una costante dell’architettura dell’epoca per le sue potenzialità espressive, permettendo di conferirgli i caratteri di monumentalità, conciliandoli con i nuovi linguaggi architettonici che si stanno sperimentando e affermando in tutto mondo. Peculiarità questa che marcatamente caratterizza l’architettura italiana di quel periodo. Ecco perché è necessaria la conservazione di questo manufatto edilizio, Per meglio restaurarlo e conservarlo, bisogna conoscere la tecnica costruttiva utilizzata e valutarne lo stato di conservazione che, per il caso in esame, deve riguardare in maniera particolare proprio la finitura esterna. Occorre inoltre contestualizzare questo edificio, sia nel contesto locale, che più in generale con quello italiano..

 

Sintesi sulle caratteristiche formali e costruttive del palazzo

La costruzione del Palazzo Comunale ha segnato profondamente la storia di Corridonia. Oltre alla costruzione del Municipio si decise  di erigere, in posizione centrale della piazza dove sarebbe sorto, un monumento a Filippo Corridoni nativo di Corridonia e amico personale del Duce, caduto nel 1915 combattendo contro gli austriaci durante il primo conflitto mondiale. Fu un’edificazione sentita dalla cittadinanza che venne anche coinvolta direttamente nella costruzione. Infatti, per la sua edificazione offrirono gratuitamente ore di lavoro muratori, carpentieri, falegnami, ecc, per riuscire ad ultimare i lavori nei tempi stabiliti per l’inaugurazione da parte del Duce. Il Vescovo per l’occasione dette licenza di poter lavorare anche la domenica e l’edifico fu completato in soli 174 giorni. I lavori furono eseguiti con la soprintendenza del Capo del Governo, Cav. Benito Mussolini, che inaugurò l’edificio il 24 ottobre 1936.

Dopo l’esito negativo del primo concorso di progettazione bandito il 1 dicembre 1934 dalla Federazione dei Fasci di combattimento di Macerata  e dal Comune di Corridonia, si bandì un secondo concorso per il Monumento a Filippo Corridoni, vinto dallo sculture, prof. Oddo Valenti[1]. L’esito negativo del bando di concorso per la progettazione del Municipio, a cui partecipò anche l’arch. Mario Ridolfi, ebbe esito negativo, perché tutti progetti presentati non rispondevano alle prescrizioni previste nel  dal bando di concorso. Di conseguenza, chiuso il bando per la realizzazione del monumento a Corridoni, considerando i tempi stretti per la costruzione del Municipio,  il Podestà decise autonomamente di affidare l’incarico di progettazione a due tecnici di sua fiducia suoi conoscenti, i maceratesi: l’ing. Pirro Francalancia e l’arch. Giuseppe Marrani, insegnanti presso istituti tecnici del luogo..

I lavori di costruzione terminano il 12 ottobre 1936 e comprendevano la  sistemazione generale dell’ex Piazza Castello, un edificio destinato a palazzo comunale (Municipio), l’adiacente ufficio postale e un serbatoio di acqua potabile[2]

Per costruire l’edificio e realizzare la piazza destinata ad accogliere le adunanze dei cittadini di Corridonia, furono demoliti  alcuni piccoli fabbricati di civile abitazione, nonché la stazione locale dei Carabinieri e l’alloggio del comandante, realizzando un’ampia superficie piana di 2400 mq proprio nel punto più alto del Paese,  di qualche metro ad di sopra della quota originaria del terreno.

Arrivando dalla piazza attraverso l’unico accesso carrabile, posto a sinistra della chiesa di San Francesco, si vede il monumento con sullo sfondo le superfici bianche in travertino del complesso  architettonico del Municipio.

Il Palazzo del Comune, con la sua facciata simmetrica, funge da perno centrale della composizione architettonica che si presenta come  una quinta scenografica dello spazio della piazza. A sinistra e a destra si allunga un porticato  che funge da raccordo tra l’edificio principale con quelli secondari: il salone d’onore, il dazio, parte e l’ufficio delle poste e il serbatoio d’acqua potabile.

  Interessante é il gioco volumetrico del complesso. Il parapetto del porticato, a 8,20 m sul livello della piazza, come la copertura del salone e degli uffici postali, ha un’altezza inferiore di quella dei palazzi circostanti che rimangono quindi visibili. Il Palazzo Comunale raggiunge un altezza di 14,80 m che è  intermedia tra quella della Chiesa e gli altri edifici storici che si affacciano alla piazza, definendo quindi delle gerarchie ben precise per quanto riguarda l’importanza degli edifici prospicienti la piazza. Il serbatoio dell’acqua posto lateralmente, che è stato di recente solo parzialmente ristrutturato, raggiunge un’altezza di 18,30 non superando però  quella dell’edificio religioso.

Oltre a questo attento controllo delle altezze del complesso architettonico, interessanti risultano le soluzioni adottate per il raccordo del porticato con la piazza. In particolar modo sul lato Sud-Est con un camminamento sopraelevato, dotato di un parapetto rivestito anch’esso di lastre di travertino, che collega l’entrata delle case e della scuola con la piazza ed un arco che permette il collegamento tra gli edifici storici adiacenti  al nuovo porticato. Non altrettanto suggestivo è il prospetto del complesso architettonico visto dalle vie del borgo. Su questo lato non si è posta molta attenzione al raccordo dei volumi che sembrano solo affiancati l’uno all’altro. Inoltre la facciata su tale lato è intonacata con aperture disposte esclusivamente per garantire le esigenze funzionali degli spazi interni che si affacciano su questo prospetto. E’ da aggiungere che le altezze del prospetto su questo lato dell’edificato sono eccessive rispetto a quelle del tessuto edilizio circostante che da questo lato degrada verso valle.

Il Municipio nel suo insieme è senza dubbio un esempio significativo dell’architettura del Ventennio e  anche se è dimensionalmente importante, nel complesso risulta ben calibrato rispetto al luogo dove è inserito.  Definito dai progettisti come  “Moderno”, ha i segni che richiamano il razionalismo italiano del periodo, ma nel contempo ha un carattere “metafisico” con il suo rivestimento in pietra bianca e i volumi che “abbracciano la piazza”  con  al centro Il monumento a Corridoni che la domina.

L’edificio del Comune posto  in posizione centrale è sostanzialmente  un volume  regolare con elementi in aggetto (il balcone e  le paraste della facciata che si estendono per tutta la sua altezza) e parti “scavate” (le grandi aperture di porte e finestre).

Al piano terra la zona centrale segnata dalle due gradi lesene laterali ha un doppio ordine di colonnati costituiti da pilastri e travi che richiamano in  facciata  i caratteri del razionalismo grazie al gioco di rapporti tra vuoti e pieni. Mentre l’utilizzo di forme semplici, lineari ed uniformi. ricoperte con il rivestimento lapideo senza soluzione di continuità, nonché l’impiego dell’ordine gigante di paraste, conferiscono al complesso architettonico, come già accennato,  un’immagine quasi metafisica. La facciata principale appare come una costruzione formale astratta, bidimensionale, ottenuta ritagliando una superficie bianca. Le sue dimensioni sorprendono l’osservatore e lo incuriosiscono, poiché già da notevole distanza il complesso si presenta in tuta la sua mole e si distingue nettamente dall’edificato circostante e nel momento in cui ci si avvicina colpisce il biancore e la regolarità dei volumi, insoliti in quel contesto..

A livello costruttivo la struttura portante di elevazione è in muratura piena legata con malta cementizia. L’edificio è composto dall’accostamento di tante celle murarie continue da cielo a terra con lo spessore dei muri che si riducono verso l’alto. L’utilizzo di questo sistema costruttivo, del tutto tradizionale come il classico edificio in muratura,  non permette una libera organizzazione degli spazi interni, il che giustifica la rigida ripartizione funzionale dei locali interni che si mantiene costante per tutte le elevazioni.

Per gli orizzontamenti e per gli architravi delle aperture sono impiegate invece strutture portanti in calcestruzzo armato. Una struttura mista nel suo complesso che ricalca le modalità costruttive che si iniziano ad utilizzare più diffusamente in quel periodo in Provincia.

Due sono le tipologie di solaio presenti. La prima di 15 cm di spessore, usata per gli ambienti con minor sovraccarico, prevede un forato da 8 cm posto in piano e 7 cm di soletta. Il secondo di 25 cm di spessore prevede invece  un forato posto per coltello con una soletta da 12 cm. Si sono quindi realizzate delle vere e proprie solette nervate in c.a. Una soluzione costruttiva particolare è quella del  solaio del salone realizzato con travi in c.a. di 60 cm con sopra disposto un impalcato da 15 cm di spessore combinato con un impalcato di vetro cemento da 12 cm per illuminare lo spazio sottostanteò.

La facciata del Palazzo Comunale rivolta sulla piazza è completamente rivestita in lastre di travertino di Ascoli di 40 mm di spessore disposto  da cielo a terra senza soluzione di continuità. E’ assente lo zoccolo di base e il cornicione, ottenendo così un'unica superficie esterna  continua che definisce le forme pure e lineari del prospetto principale. L’apparecchiatura costruttiva in muratura risulta quindi mascherata dalla “facciata moderna” in lastre di pietra sottile.

Per meglio comprendere le particolarità del cosiddetto “Municipio” di Corridonia,  tra gli edifici costruiti nel Ventennio nella Provincia lo si può ad esempio confrontare con tre  importanti edifici realizzati in quel periodo a Macerata: il Palazzo degli Studi e la Casa del Mutilato  dell’Arch. Ing. Cesare Bazzani, e la GIL dell’allora giovane architetto Mario Ridolfi.

Evidente è il carattere tradizionale dell’architettura del Bazzani  per le soluzioni formali adottate per il Palazzo degli Studi con  soluzioni costruttive che prevedono anche in questo caso una struttura  di elevazione costituita da setti murari, rinforzati però da elementi verticali in cemento armato inseriti ad intervalli regolari nella muratura stessa (così come fece per il palazzo dele Poste sempre a Macerata)  e l’uso del cemento armato per le scale,  per gli orizzontamenti, per le travi che riportano i carichi sui setti murari e per il combinato di travi e pilastri nella realizzazione del porticato (telaio “zoppo”). Di particolare interesse è l’ardita struttura in cemento armato (di fatto una piastra nervata) realizzata per il salone al primo livello, dal dopoguerra utilizzata come sala cinematografica (Cinema Italia). L’immagine del Palazzo degli Studi è legata al tipo di rivestimento esterno utilizzato e nel il trattamento decorativo delle tre facciate lungo le vie adiacenti. In particolare,  il porticato in stile  ottocentesco con rivestimento lapideo, in questo caso realizzato in blocchi di grande spessore di travertino e le due alzate superiori in stile rinascimentale con rivestimento in pietra artificiale trattata per simulare il travertino, mentre le facciate superiori sono intonacate.

Nella Casa del Mutilato sempre progettata dal  Bazzani,  ha i caratteri dello  “stile Littorio”. Scompaiono totalmente le decorazioni e la facciata, estremamente lineare, risulta composta dall’abbinamento di mattoni rossi e lastre sottili di travertino, pietra utilizzata anche  per le cornici del portone d’ingresso e del balcone dell’arengario. Anche per questo edificio vi è un uso molto evoluto del cemento armato nella realizzazione delle strutture orizzontali del salone principale e della copertura. E’ da notare in questo caso il cambio di stile del Bazzani, dovuto sia alla recente costruzione della GIL che del Municipio di Corridonia che lo portò ad adottare un rivestimento sottile di facciata anche se inserito per fasce all’interno di campiture regolari in mattoncino rosso.

Molto innovativo è invece l’edifico  dell’ex GIL di Ridolfi in stile chiaramente razionalista, costituito da volumi puri disposti planimetricamente ad “L”. Viene utilizzato per la prima volta in Provincia il telaio in cemento armato nella parte nuova dell’edificato (disposto lungo la via principale). Vengono impiegati serramenti in acciaio a nastro in “ferro-finestra” e di particolare interesse è la facciata continua in acciaio e vetro inserita in ambedue lati esterni del corpo scala centrale che separa i due volumi disposti a “L”,  quello di nuova edificazione da quello in muratura risultante da un rimaneggiamento di un edificio preesistente. In questo edifico però il travertino è relegato ad una porzione curvilinea della recinzione esterna che segna l’ingresso all’edificio stesso,  mentre tutto l’edificio è intonacato (originariamente di  bianco e nero) con un intonaco “teranova”. Per maggiori approfondimenti su questo edificio si rimanda a P. Munafò, C. Tassi, “L’Edificio dell’Ex GIL di Macerata”, Ed. Alinea (FI).

Nel Palazzo di Corridonia, l’uso diffuso della pietra sottile come finitura esterna sostiene e caratterizza  il suo “aspetto  moderno” pur essendo stato costruito con tecniche tutto sommato tradizionali e lo rende unico nel suo genere  nel panorama provinciale.

 

Il rivestimento sottile lapideo di facciata

Il rivestimento lapideo del Palazzo Comunale di Corridonia è in travertino d’Ascoli, costituito sia da elementi sottili, dello spessore di 40 mm, che da lastre e d elemennti in massello, ciò di più grosso spessore. In particolare, quando la superficie del supporto murario è regolare, piana e omogenea, il paramento lapideo adottato è quello sottile in lastre rettangolari della  dimensione di 1500 mm di larghezza e 1100 di altezza. Sono anche  impiegati elementi in travertino sottili (listelli sempre spessi 40mm) come finitura di completamento degli architravi, che si raccordano con il rivestimento delle pareti. Gli elementi tozzi in massello sono utilizzati come base della cornice delle aperture, risolvendo così il problema compositivo degli spigoli. Di maggiore spessore sono anche i rivestimenti su superficie curvilinea (in  lastre di travertino), che hanno uno spessore mai inferiore ai 100 mm, come le lastre di alcune zone basamentali del rivestimento delle balaustre e dei balconi.

La posa in opera  del paramento è stato eseguito suddividendo la facciata in campiture, iniziando la posa  da quelle che andavano collocate lateralmente alle aperture, o da quelle di raccordo con  gli elementi aggettanti dalla facciata, lasciando per ultimo il montaggio di quelle sulle superfici intermedie piane. Per ogni campitura,  la posa delle lastre è stata eseguita partendo dal basso e procedendo verso l’alto secondo  file orizzontali. Sulle superfici esterne continue del supporto in muratura i filari delle lastre orizzontali sono stati posati con i giunti verticali sfalsati di mezza lunghezza di lastra . Il rivestimento delle paraste, definito “a sorelle”, è stato invece  eseguito con la sovrapposizione delle lastre le une sulle altre, allineando i giunti verticali da terra fino alla copertura. Da rilevare che le lastre in questo caso presentano spigoli vivi senza alcun tipo di giunto di collegamento tra  due adiacenti.

La posa di ogni lastra sottile venne eseguita poggiandola sulla sottostante avendo l’accortezza di distanziarla di circa 2 cm dal supporto in muratura, quindi la lastra è stata ancorata con due zanche metalliche zincate ammorzate al setto murario e a due cavità predisposte nello spessore superiore della lastra stessa  a 20 cm dallo spigolo. Le zanche sono realizzate con  un ferro piatto della larghezza di 1 cm e dello spessore di 5mm, ricurvo ad una estremità in modo da conficcarsi nell’apposita scanalatura, già in precedenza ricavata nello spessore del lato superiore della lastra e inserita nella muratura all’altra estremità. In alternativa a questo sistema di ancoraggio utilizzato per il caso in esame, in quello steso periodo storico a volte questo ancoraggio metallico poteva essere realizzato con  un tondino di ferro zincato dello spessore di 5 mm, ripiegato ad una estremità come per il ferro piatto.

Posizionata nel modo sopra descritto la lastra sulla facciata, si procedette a montare quella adiacente, quindi ad eseguire la stuccatura dei giunti ed in ultimo il getto di malta cementizia liquida all’interno dell’intercapedine, tra elemento la finitura esterna in travertino e supporto in muratura. Si è eseguita un’indagine magnetometrica[3]  per verificare l’effettiva presenza di questi ancoraggi metallici, che sono stati effettivamente rilevati permettendone una mappatura con l’individuazione del loro esatto posizionamento. Solamente in una lastra in travertino è risultata mancante una zanca metallica di ancoraggio. Nel complesso si è potuta riscontrare una distribuzione regolare degli ancoraggi metallici.

Per quanto riguarda i listelli in massello di travertino, questi sono fissati al supporto dell’architrave di calcestruzzo armato con quattro zanche metalliche, due nella parte superiore e due, di maggiore lunghezza, nella parte inferiore per migliorare l’ancoraggio all’architrave e opportunamente distanziate dallo spigolo. Invece per il rivestimento di lastre di travertino curve di notevole spessore (superiore a 100mm), non sono state impiegate zanche metalliche confidando sulle capacità autoportanti del paramento lapideo (un po’ come se fosse un grosso concio di pietra) e dall’azione legante della malta cementizia inserita anche in questo caso tra le lastre e il paramento murario.

La ricercata uniformità della finitura esterna lapidea è quindi conseguente dell’adozione  di soluzioni tecniche particolari per garantire  la stabilità delle lastre in travertino applicate sul paramento murario.

 Nel periodo storico in cui si costruì il Municipio di Corridonia, la tecnica del rivestimento lapideo sottile di facciata, oltre che una innovazione tecnica permette di rinnovare l’immagine architettonica degli edifici, perché permetteva di conferire all’edifico stesso nuovi caratteri formali riuscendo a conciliare quelli dell’edificio “moderno” con quelli  “monumentali”. Questi ultimi sino ad allora erano ottenuti richiamandosi, o rifacendosi alla cosiddetta “architettura classica”, invece  nel caso del Municipio di Corridonia  i caratteri monumentali si sposano con quelli razionalismo italiano.

Il carattere sperimentale di questa tecnica di finitura esterna, deriva dalla continua ricerca di nuove soluzioni atte a rispondere ad esigenze funzionali ed estetiche. Diverse infatti sono le tipologie costruttive dei rivestimenti lapidei sottili sviluppatesi nel Ventennio come ad esempio: le grandi lastre di Terragni[4] con spessori piccolissimi, il più tradizionale rivestimento lapideo di Samonà[5]  e  le superfici alveolare in pietracemento di Libera[6].

Non sono rari però i casi in cui si sono verificati fenomeni di distacco del rivestimento lapideo dal supporto già pochi anni dopo la loro posa in opera, successivamente diagnosticati nell’uso di malte non idonee inserite tra la lastra e il supporto, come quelle a base di gesso, nonché nell’inadeguato numero di zanche di ancoraggio, o alla loro precoce ossidazione per assenza di protezione (es. zincatura). In questi casi, sino a qualche anno fa, era prassi quasi consolidata  la rimozione delle lastre, sostituendole con altri materiali, spesso l’intonaco, non preoccupandosi quindi della conservazione della finitura originale in travertino che caratterizza l’immagine architettonica delle’edificio. 

Già alla fine degli anni ’30 si pubblicarono articoli in cui si davano indicazioni per  mettere correttamente  in opera il rivestimento lapideo sottile di facciata (Cfr. ad esempio quelli pubblicati nel 1938[7] sulla rivista L’Ingegnere). In particolare, si raccomanda di utilizzare zanche metalliche per assicurare la stabilità delle lastre e di realizzare idonei giunti tra le stesse  che permettessero la dilatazione termica. Nel Manuale dell’Architetto del 1946, alla cui stesura collaborò anche l’arch. Ridolfi, vengono  date indicazioni tecniche da seguire per realizzare correttamente un rivestimento sottile di facciata. Per la verità, molte di queste indicazioni erano già contenute in alcune direttive e manuali della metà degli anni ’20, in particolare per quanto riguarda i sistemi di ancoraggio dei rivestimenti lapidei.

 

Sintesi sell’attuale stato di conservazione del rivestimento lapideo. e possibili tecniche di intervento per la messa in sicurezza delle lastre.

 

Il rivestimento in lastre di travertino d’Ascoli del Municipio, nel suo complesso si è conservato discretamente, anche se necessita di un intervento volto alla sua conservazione e per garantire adeguati standard di sicurezza onde evitare rischi di distacco delle lastre stesse dal supporto.

Alcune lastre, non molte,  presentano un degrado della malta presente tra la lastra lapidea e il supporto in muratura, il che le pone a rischio di distacco. Le zanche di ancoraggio, dai rilievi magnetometrici eseguiti, sono presenti diffusamente e disposte con regolarità salvo che per una sola lastra dove risultano mancanti, inoltre il loro stato di conservazione è nel complesso soddisfacente. Zone più a rischio si evidenziano sul rivestimento degli architravi dove sulla facciata principale si notano delle perdite di materiale di finitura, il che impone la loro parziale rimozione e il ricollocamento in posto con tecnica analoga colmandone le lacune.  Il balcone necessita un intervento volto principalmente a realizzare una corretta pendenza all’estradosso per migliorare il deflusso delle acque meteoriche all’esterno, l’inserimento di idonei scarichi sempre in  travertino e e la realizzazione di una copertina in lastre di travertino sul parapetto. Fenomeni di risalita capillare dell’acqua sono presenti al piano terra e visibili sulla facciata principale, pertanto è necessario realizzare sotto il pavimento del portico un vespaio di areazione collegato a sifoni da disporre nella parte bassa dei paramenti murari di facciata.

Vanno inseriti idonei discendenti per lo smaltimento delle acque piovane dalla copertura piana, realizzati e collocati in maniera da non interferire con il disegno del prospetto. E’ anche necessaria la realizzazione di copertine in pietra e, ad esempio acciaio, sul parapetto di copertura avendo cura di non alterare  il prospetto mantenendone le proporzioni, la linearità e la complanarità della superficie esterna..

Stuccatura dei giunti delle lastre pervia inserimento di stop di ancoraggio metallici di tipo meccanico, o chimico per mettere meglio in sicurezza  le lastre stesse da posizionare in prossimità degli angoli e disponendoli in maniera  tale da non alterare l’uniformità e la continuità della finitura esterna.

Smontaggio delle lastre sottili in travertino dove la malta risulta degradata e ricollocazione in posto su nuove zanche metalliche, colatura di nuova malta cementizia e successivi fissaggi con stop metallici agli angoli.

Smontaggio delle lastre di maggiore spessore e loro riposizionamento in posto su nuovo letto di  malta cementizia.

In estrema e sommaria sintesi, queste sono le tipologie di intervento da attuare sulla finitura in travertino volti a conservala in condizioni di maggiore sicurezza e al riparo dall’innesco di possibili fenomeni di degrado.

 

 



[1] Verbale della seduta di chiusura della commissione giudicatrice del “Concorso Nazionale per il Monumento a F. Corridoni in Corridonia bandito da questa federazione in data 20 Giugno 1935”.  Archivio Comunale di Corridonia, Anno 1936-1937, Cartella n. 01.

[2] Relazione allegata allo stato finale, Corridonia, 25 Giugno 1937. Archivio Comunale di Corridonia, Anno 1936, 1937, cartella n. 02.

[3] Il parcometro utilizzato nella prova magnetometrica permette di individuare la posizione delle zanche metalliche, la profondità di posa e la dimensione del diametro.

[4] G. Terragni, Casa del Fascio, Como, 1932-1936.

[5] G. Samonà, Palazzo delle Poste, via Taranto, Roma, 1933-1935.

[6] A. Libera, M. De Renzi, Palazzo delle Poste, via Mormorata, Roma,1933-1935.

[7] Antonio Consiglio, La stabilità dei rivestimenti lapidei in lastre, L’ingegnere, 15 ottobre 1938, n. 10.

 

 

Foto d'epoca

 

 

 

 

 

Il Progetto

 

 

 

 

 

Rivista

Copertina di un numero unico stampato in occasione dell'innaugurazione del Municipio di Corridonia.Sono rappresentati  il Duce è la madre di Filippo Corridoni che in quell'occasione incontrò e stette sul palco sotto il monumento accando a Lui durante la cerimonia.

 

.