Altri Scritti
Manuale edifo dalla casa editrice Flaccovio per la progettazione di inioni adesive (colle strutturali) con circa 220 tipologie di giunzione (ad es. vetro-acciao, vetro-legno, legno-legno, GFRP-GFRP, acciaio-acciaio ecc.) per la progettazioni di componenti edilizi .
TECNICA e INNOVAZIONE
prof. ing. Placido Munafò
(Non è consentita la riproduzione anche parziale di questo articolo, in qualunque forma e formato se non con una autorizzazione scritta dell'Autore)
INDICE
Premessa
- Perchè la Tecnica è mediatrice tra Natura e Cultura
- Caratteristiche della tecnica
- Caratteri della Catena Operativa
- Classificazione della Tecnica
- Effetti della Tecnica (il paradosso di Elull)
- Innovazione delle Tecniche
PREMESSA
Tecnica e Tecnologia oggi sono due termini equivalenti.
In passato con Tecnologia si intendeva uno scritto/discussione sulle arti/mestieri, là dove l’Arte o, meglio, le Arti sono legate alle capacità individuali e alla tradizione. Così ad esempio, in architettura la trattatistica storica è uno scritto “sull’arte di costruire”. Oggi i trattati sono sostituiti dai manuali “sulla scienza delle costruzioni”.
Proviamo a definire Arte e Scienza per rintracciarne le differenze.
Il significato di TECNICA non è definito con precisione nelle diverse lingue, ma potrebbe essere identificato come un modo o un metodo per ottenere un risultato pratico. Purtroppo però tale sintesi non traccia una linea di demarcazione netta perché entrambi hanno una finalità pratica. La differenza tra i due termini può essere allora ricondotta alla loro derivazione: la tecnica (moderna) è un’applicazione del sapere derivato dalla scienza, così come le Arti discendono dalla tradizione e all’abilità individuale. Tuttavia non si può negare che anche le Arti siano in qualche modo l’applicazione pratica di un sapere: teoria delle Arti, teoria basata su una struttura ideale, in virtù della quale, ad esempio, Vitruvio descrive e spiega le proporzioni tra le parti di una costruzione (stili). Si può quindi concludere che la differenza tra la Tecnica moderna e le Arti sta nel fatto che mentre la prima è un’applicazione pratica del sapere scientifico (teorizzazione scientifica frutto della combinazione di matematica, principi fisici/meccanici e validazione sperimentale), le Arti non derivano dall’applicazione del sapere scientifico in quanto la teoria delle Arti non ha metodi e contenuti scientifici, differenza che ad esempio ha inciso significativamente su tipo e qualità del risultato pratico, nonché sulla struttura e sui rapporti sociali.
In ogni caso, sia le Arti che le Tecniche raggiungono il fine pratico in presenza di un Agente, della Materia Prima e dello Strumento.
- La tecnica NON è Scienza Applicata ma tecnica come mediatrice tra cultura e ambiente
- La teorizzazione scientifica ha influito con modalità diverse sulla tecnologia, crescendo a spese della tradizione, sradicandone le “norme”
(esempi: Leonardo da Vinci sul tiro delle funi, Galileo Galilei sul problema dei travi, teorizzazioni che hanno trovato applicazione solo quando, con l’introduzione di nuovi materiali, si è imposta la necessità del dimensionamento. Altro esempio è l’introduzione della ghisa nelle fabbriche di tessuti per ridurre il rischio di incendi per cui Bage ha avuto la necessità di trovare la soluzione per determinare le dimensioni delle colonne. Un ulteriore esempio è passaggio dalla capriata lignea alla e trave reticolare è direttamente connesso all’introduzione del modello semplificato di Ritter per il calcolo delle tensioni nei componenti la trave reticolare);
- L’ingegnere NON è un un’interprete dello scienziato, non ha bisogno di conoscere la scienza pura come gli scienziati (fisici, chimici, ecc.), ma è di per sé un esperto che ha conoscenze scientifiche in grado di trasferire/applicare queste conoscenze per ottenere un risultato pratico.
Un paradosso
Esiste nei confronti della Tecnica un atteggiamento paradossale che evidenzia una sorta di schizofrenia: ammirazione per i risultati raggiunti e al contempo marginalizzazione rispetto al complesso del cosiddetto “sapere” che, come si diceva una volta, è “frutto dell’attività dello spirito” (filosofia, matematica, scienza in generale o religione). Atteggiamento derivante dal ritenere la Tecnica come semplice manipolazione della materia.
Perché?
La Tecnica di per sé non è riconducibile a qualcosa di materiale. È, se vogliamo, un concetto a cui nei secoli si è attribuito un significato di operatività o espressione di capacità pratica, o anche mezzo o insieme di mezzi organizzati per raggiungere un fine pratico.
Così per i Greci e i Latini la tecnica è la messa in opera di un sapere che utilizza le potenzialità della natura per modificarla, ma non ha nulla a che vedere con l’attività ritenuta più nobile dello spirito, per cui è ritenuta degna solo quando non produce effetti pratici (macchine inutili).
In Cina e in buon parte dell’Oriente convivevano due tipi di atteggiamento: il confuciano e il taoista.
- Per Confucio la tecnica è un mezzo/metodo per trasformare la natura un atto che plasma la materia, una concezione simile a quella del mondo occidentale. Trasformazione della natura per mezzo di utensili. Questo atteggiamento nel mondo occidentale ha avuto particolare consenso sino all’avvento della scienza.
- Per i taoisti (Tao) la tecnica permette di organizzare la natura non potendo trasformarla, di conseguenza è necessario comprenderla e trarne ispirazione per utilizzarla ai propri fini.
Nei secoli precedenti la comparsa della scienza, Arte, Tecnica, Magia, Religione formavano un tutt’uno
Bisogna attendere l’avvento della scienza e della rivoluzione industriale (seconda metà del XVIII secolo) per avvicinare il mondo occidentale alla concezione Taoista quando la scienza sostituisce la filosofia nell’ambito dell’attività dello spirito: esistono in natura forze che è utile/necessario dominare e sfruttare.
Fino ai primi anni del XX secolo la scienza ha trovato ispirazione dalla Tecnica, oggi invece le scoperte della scienza consentono il progredire delle Tecniche.
1. Perché LA TECNICA è MEDIARTICE tra NATURA e CULTURA
Esempio dell’ecosistema, trasformazione in energia da parte degli esseri viventi:
1^ Catena Produttori (piante)
Consumatori (erbivori e carnivori)
2^ Catena Decompositori (trasformano i residui della 1^ catena)
La Biomassa è l’insieme della 1^ Catena e dei prodotti della trasformazione della 2^ Catena. Si può quindi distinguere:
- Sistema inalterato, i rapporti della popolazione della 1^ categoria si mantengono costanti: la biomassa degli erbivori è 25 volte quella dei carnivori e quella dei Produttori (piante) è 2 volte quella degli erbivori; presenza di varietà animali e vegetali (il sistema giovane presenta un incremento della biomassa pur mantenendo costanti i rapporti così come il sistema inalterato non necessariamente giovane).
- Sistema alterato, la Tecnologia trasforma l’ecosistema inalterato modificando i rapporti della biomassa tra produttori, consumatori e prodotti della trasformazione dei Decompositori con una fluttuazione numerica di detti valori e la riduzione della varietà degli esseri viventi/specie. Ad esempio, l’attività agricola riduce la varietà delle specie, l’allevamento di bestiame modifica il rapporto della biomassa tra erbivori e carnivori.
In definitiva le Tecniche traducono a livello fisico l’incontro tra l’Uomo e la Natura/Ambiente e sono necessariamente specializzate per sopperire alla genericità delle funzioni del corpo umano che non possiede la specializzazione propria degli altri animali e la tecnica fa da interfaccia tra l’uomo e la natura a spese dell’ecosistema (alterazione), ad esempio: abitazione, lavoro (strumenti/macchine), ecc. che interferiscono/alterano la natura/ambiente.
2. CARATTERISTICHE della TECNICA
La Tecnica NON può essere considerata come un semplice modo di agire sulla materia, perché ciò implicherebbe che la singola azione tecnica è autonoma à una serie di gesti/operazioni senza alcun rapporto reciproco.
Per esempio, saldare due pezzi di acciaio non costituisce una tecnica, ma è un gesto tecnico che non esisterebbe senza azioni precedenti e successive. Il significato/senso della tecnica risiede all’interno del processo tecnico à insieme di azioni che non si possono né analizzare, né considerare separatamente.
Il processo tecnico consta di tre fasi:
- Preparazione
- Azione Principale
- Finitura
È l’insieme delle fasi del processo tecnico che dà significato/senso alla Tecnica e rendendola comprensibile. Il culmine di questo processo è l’Azione Principale che connota l’intero processo, in questa fase si distrugge la vecchia forma e se ne crea una nuova. In agricoltura invece l’Azione Principale si colloca dopo il raccolto con la trasformazione ovvero alla fine del processo, a differenza della manifattura là dove l’Azione Principale si manifesta all’interno del processo tecnico.
Le Tecniche costituiscono quindi una struttura, ovvero un insieme di elementi che hanno carattere di Sistema.
In relazione a quanto espresso per la definizione delle Tecniche, si può affermare che il Progresso ha significato solamente nel campo delle Tecniche caratterizzandosi:
- dall’essere unidirezionale
- dal miglioramento dello sforzo nell’applicazione delle tecniche, ottimizzazione del rapporto sforzo/risultato; e da evidenziare che si parla di progresso in campo sociale solamente nell’accezione di un miglioramento delle strutture sociali e/o tecnico-economiche)
I presupposti che danno significato al del Progresso sono:
- uno strumento, imprescindibile nelle diverse fasi del processo tecnico (se si vuole realizzare un unione tra due pezzi di legno che rispondano a specifiche esigenze di precisione è necessario avere a disposizione la fresa à strumento);
- coerenza tra le fasi del processo tecnico (se si utilizza il trattore per arare un campo non è pensabile seminare il campo a mano con di un bastone da scasso);
- armonia, diciamo così, tra le fasi del processo tecnico
Essendo il progresso una prerogativa delle Tecniche, queste si pongono in un ambito separato dalla cultura.
3. CARATTERI della CATENA OPERATIVA
La Catena Operativa è costituita da più fasi del processo tecnico che trasforma la materia prima in prodotto finito.
La catena operativa può essere:
- Convergente, caratterizzata dalla continuità delle fasi del processo tecnico (il fabbro che deve battere il ferro finché è caldo, ripetere con continuità un certo numero di fasi di lavorazione)
- Lineare, caratterizzata da tempi di sosta richiesti dallo stato della materia (la realizzazione di un vaso in terracotta, che deve essere essiccato prima di essere passato in forno)
In base a queste due caratteristiche della catena operativa, le relazioni tra le fasi del processo tecnico sono di due tipi:
- Forti, presenza di operazioni eseguite secondo un ordine immutabile il lavoro è svolto in continuità, ad esempio, nei secoli passati l’armaiolo per ottenere la lama di una spada, espone al calore il metallo, lo ribatte, lo stira, ne piega/salda gli strati;
- Deboli, presenza di fasi possono essere interrotte, il lavoro può essere svolto con discontinuità temporale, ad esempio, la costruzione di una struttura in cemento armato prevede tempi di sosta tra la realizzazione delle casseforme, la disposizione dell’armatura metallica, il getto del calcestruzzo e la maturazione del calcestruzzo stesso; dopo ciascuna di queste fasi il processo di costruzione si può interrompere per rivolgersi ad altre lavorazioni.
In ultimo è da osservare che la conoscenza (o il sapere) NON ha la stessa valenza in tutte le catene operative: battere con il martello un metallo caldo per forgiarlo è un processo inconsapevole derivante da una conoscenza diffusa, invece il tempo di esposizione al calore del metallo, lo stirare il metallo e il piegarlo più volte per saldare i vari strati per ottenere una spada implica la conoscenza specifica del processo tecnico di lavorazione.
4. CLASSIFICAZIONE delle TECNICHE
L’analisi di alcuni studiosi del settore sul rapporto tra Tecnica e Cultura li ha portati ad ipotizzare/individuare due classificazioni in relazione all’influenza che le Tecniche hanno sulla Società (evoluzione e funzionamento).
1^ Possibile Classificazione
- Tecniche generatrici di rapporti sociali, ad esempio la produzione in fabbrica genera gerarchie e rapporti sociali, là dove la Tecnica ha un ruolo dinamico e attivo
- Tecniche che riflettono rapporti sociali sono in generale tutte quelle tecniche che riguardano il “consumo”, l’esempio più immediato è l’abitazione, il cui design, arredo, ecc. rappresenta uno stato sociale
- Tecniche proprie della vita quotidiana
2^ Possibile Classificazione (Leroi-Gourhan)
Tecniche di fabbricazione secondo la natura della materia prima:
- solida o fluida/liquida, materia prima solida; è possibile fare una ulteriore distinzione in solida stabile e fibrosa quando le sue proprietà non mutano nel corso del trattamento (per i solidi fibrosi si deve tener conto dell’orientamento delle fibre);
- solidi semiplastici, (ad esempio, vetro e acciaio) che è possibile deformare;
- Solidi plastici che passano dallo stato fluido allo stato solido durante il trattamento;
- Solidi flessibili possono essere caratterizzati da una superficie piana (ad esempio, le pelli) o dar luogo a composizioni di una certa lunghezza (ad esempio, i tessuti).
Tecniche di acquisizione sono gli strumenti (ad esempio, le armi per la caccia) e procedimenti (ad esempio, agricoltura, estrazione di minerali).
Tecniche di consumo: alimentazione, vestiario abitazione, ecc.
5. EFFETTI della TECNICA/TECNOLOGIA
Svuotamento/limitazione del potere decisionale (politico).
Storicamente il Potere Decisionale regola i rapporti tra Gruppi sociali sulla base del diritto, operando scelte sul piano Economico raramente irreversibili
OGGI invece il Potere Decisionale ha quasi esclusivamente un compito riconducibile all’applicazione di nuove Tecniche e allo sviluppo delle esistenti (Es. l’energia) e maggioranze politiche possono incidere poco sull’estensione temporale dello sviluppo delle Tecniche, difficile da manipolare e orientare (J.Ellul).
I problemi politici sono sempre più questioni inerenti la sfera Tecnica
Nell’accezione ampia del termine, la struttura/organizzazione sociale manifesta un’entropia sempre più bassa e la Tecnica assume via via un’autonomia specifica crescente. Le scelte del Potere Decisionale esprimono sempre più la specificità delle Tecniche e l’attività politica è tendenzialmente illusoria.
Il paradosso di Ellul (Cfr. voce “Tecnica” Enciclopedia Treccani):
“… Il sistema tecnico che è suscettibile di una crescita indefinita e priva di ogni controllo, si situa all’interno di un sistema (terrestre) finito e limitato, ora come può quest’ultimo contenere un sistema infinito?”
Il problema che riassume tutti gli altri si può sintetizzare come: disequilibrio ecologico, esaurimento delle risorse, crescita demografica, conflitto tra tecnica ed economia, limiti delle potenzialità del sistema naturale.
6. INNOVAZIONE delle TECNICHE
In prima approssimazione si può distinguere l’Invenzione dall’Innovazione, intendendo con la prima un atto che contribuisce al progresso tecnico, mentre con la seconda l’introduzione di nuovi processi produttivi o di beni. Ma è da notare che dopo la rivoluzione industriale il passaggio dall’Invenzione individuale all’Invenzione/Innovazione non più frutto dell’attività del singolo è una conseguenza della creazione di strutture di Ricerca e Sviluppo (R&S), dove lavorano più specialisti/scienziati/ingegneri, rese necessarie dalla complessità del sistema tecnologico e delle conoscenze scientifiche, conseguenti ai rapidi progressi dell’ultimo periodo della storia dell’umanità. Di conseguenza a differenza tra Innovazione e Invenzione - a seconda delle circostanze - diventa quindi meno netta e distinguibile.
Chiarito quanto sopra, esiste una regola storicamente verificata, secondo cui l’introduzione di nuove tecnologie che confliggono tra loro perché svolgono la medesima funzione porta al prevalere di una rispetto alle altre (es. l’automobile, l’energia). à Aggiungiamo che ogni periodo o ciclo storico (soprattutto se successivo alla rivoluzione industriale) è caratterizzato da un numero limitato di Tecnologie Portanti, derivanti dall’introduzione di Innovazioni Tecniche di portata planetaria (N.D. Kondrat’ev):
1^ Ciclo (1787-1942) - machina a vapore
2^ Ciclo (1898-1897) - ferrovia
3^ Ciclo (1898 – 1956) - elettricità e automobile
4^ Ciclo (in corso) - chimica ed elettronica
In definitiva, la valenza dell’Innovazione deriva dall’instabilità del sistema tecnico ed è corretto affermare che le Tecniche comprese in un Sistema Tecnico non sono immutabili, cioè il Sistema Tecnico NON è rigido, bensì modificabile e le modifiche sono raramente riconducibili alle cosiddette “grandi rivoluzioni” (come quella industriale) mentre l’invenzione/Innovazione è storicamnete frutto di un rallentamento o arresto delle modificazioni del Sistema Tecnico.
L’Innovazione influenza la struttura sociale, essendo questa particolarmente sensibile alle Strutture Tecniche e la trasformazione/modificazione di queste può avvenire:
- con l’introduzione di nuovi elementi dall’esterno,
- con l’Invenzione che può riguardare lo sviluppo di procedimenti esistenti, o connotarsi come un salto di qualità dovuto all’immaginazione.
Come possono evolvere le Strutture Tecniche?
- nella Società Tradizionale evolve all’interno di limiti imposti dalla struttura sociale (Esempio: introduzione della Staffa nel Medioevo à sviluppo della Società medioevale)
- nella Società Moderna e contemporanea è la conseguenza di un modo cosciente di operare (Esempio: modifica della forma dei pomodori e della durezza della buccia per permettere alla macchina di raccolta 1962 o la macchina per la trebbiatura 1847)., la conseguenza è il superamento di vincoli sociali; in questo contesto le Strutture Tecniche hanno ottime possibilità di imporre la propria impronta alle Strutture Sociali
L’innovazione secondo un principio economico equivale allo sfruttamento in termini di produzione di una scoperta tecnica o teorica
In linea più generale, l’Innovazione è configurabile come qualcosa di imprevedibile che è possibile individuare come scoperta che si fa problema al suo manifestarsi: “problema della scienza” e “problema dell’immaginazione” (che in questa trattazione si ritengono gli aspetti più significativi, Cfr. voce Tecnica Enciclopedia Einaudi)
- “problema della scienza”, perché l’innovazione è di fatto la fenomenologia dell’instabilità di un sistema tecnico che è originata dal sapere ed è in grado di generare modelli come parte del mondo reale
- “problema dell’immaginazione” perché l’innovazione fonde la visionarietà con l’oggetto del sapere
Per concludere:
Per quanto riguarda il “problema della scienza”, la capacità dell’innovazione di generare modelli nel mondo reale è congruente con la definizione più generale di “modello”. Il modello è la risposta a una domanda compatibile con l’enigma che si intende risolvere dove la risposta ha una collocazione teorica (sapere) e può rappresentare un’anticipazione (come nei modelli previsionali), in tal senso potrebbe dare un significato/senso al fatto che l’immaginazione, nel campo dell’Innovazione, è inglobata all’interno del sapere.
Appunti sul design industriale: le sedie
di
P.Munafò
(Non riproducibile con qualunque mezzo se non con l’autorizzazione dell’Autore)
Premessa
La sedia viene presa ad esempio per mostrare l’evoluzione del design industriale, è infatti una testimonianza dei tempi, del gusto, del modo di vivere e della tecnologia. Molte di queste sono ancora attuali al punto che continuano a trovare posto nelle nostre abitazioni e non di rado sono scambiate come un prodotto di nuovo design.
Percorrendone l’evoluzione negli ultimi due secoli che caratterizzano l’era moderna, è possibile notare le differenze del design artigianale da quello industriale legato ad una produzione di serie che si deve confrontare con i processi produttivi e il mercato. In questa accezione “Progettare la forma” deve conciliare l’atto creativo con la tecnica, i processi costruttivi e a tutti quei fattori che concorrono all’uso, all’economia e alla distribuzione del bene prodotto. L’utilizzo di nuovi materiali come l’acciaio, l’alluminio, le plastiche, ma anche le nuove lavorazioni del legno, e l’esigenza di razionalizzare i processi di produzione, hanno favorito la ricerca di nuove forme e nel contempo la loro ideazione ha seguito i nuovi caratteri espressivi dell’architettura, così come quelle delle arti visive. L’oggetto di design ha la “forma” come “valore”, ma come prodotto di in un processo produttivo industrializzato lo si può identificare anche come una “merce”, per cui il prodotto del design industriale può essere di conseguenza definito come “merce con una forma”. Questa definizione del prodotto del design industriale è anche conseguente al fatto che l’ideazione di un oggetto, pur contribuendo a finalizzare i modelli produttivi, è un’attività che di fatto è separata dalla sua realizzazione che in una Società industrializzata avanzata è strettamente legata all’economia, alla struttura dei processi produttivi, alla distribuzione, ecc.
Premesso quanto sopra, presento alcuni esempi di sedie “figlie” del design industriale dalla seconda metà dell’800 agli anni ‘60 del ‘900 differenziandole per il materiale utilizzato per il telaio:
- In legno curvato e non
- In metallo
- di plastica
- Sedie con telaio di legno curvato e non
La sedia Thonet n. 14 del 1859 e la sedia/poltroncina TI244 progettata da Albers (Bauhaus) nel 1926, anche se ideate e prodotte a quasi settant’anni di distanza, presentano dei caratteri comuni come la semplicità delle forme, la possibilità di montarle e smontarle grazie al numero limitato di pezzi che le compongono.
Il telaio della Thonet n.14, nota anche come “bistrot” e realizzato in legno curvato a vapore, mentre la TI244 è in legno stratificato curvato e tubi metallici cromati.
Thonet n.14 (Austria 1859)
Albers TI 244 (Bauhaus 1926)
Sempre con telaio in legno curvato:
- La sedia “Chiavari” in legno di ciliegio di E. Rinaldi presentata alla Triennale – Mostra dell’E.N.A.P.I. (1940) costruita dalla ditta Chiare di Chiavari
Sedia Chiavari
- La sedia disegnata da Riemershmid (1899-98) conservata al MoMA di N.Y.
Riemershmid
- La sedia n. 255 di A. Loos (1899-98) disegnata per il Caffè Museum in stile Thorent
Sedia n. 255
e questa sedia del 1899 dello stesso Architetto
- La sedia “Milano dei F.lli Montina (anni ’30) originariamente con seduta circolare impagliata e successivamente anche in laminato
Sedia Milano
- La sedia CH24 Winshbone Chair di C. Hansen & Son (1950) ancora in produzione
Sedia CH24
- La sedia di Gabetti e Isla (1952) progettata per l’allestimento della borsa e conservata nel Museo di Torino
Gabetti e isla
- La sedia poltroncina “Cavour” di Gregotti, Marchetti e Stoppino (1959) prodotta dalla Poltrona Frau in legno curvo stratificato
Gregotti
Tra le sedie con telaio in legno massello non curvato:
- La sedia “MK” di M. Koch (1933) pieghevole con seduta in tessuto fissata con anelli metallici alla struttura in legno. Koch si ispirò alle sedie da campo militari cercando una soluzione che permettesse di risparmiare spazio. Fu prodotta solamente dal 1960 quado si trovò un produttore disposto a fabbricarla e commercializzarla su licenza.
MK
- sempre negli anni ’30 la “sedia da regista” pieghevole dei F.lli Montina con bracciali in legno curvo e struttura in legno massello a sezione circolare, prodotta anche con braccioli e struttura in legno massello non curvato in legno di faggio anche verniciato
Sedia da regista
- La sedia “Livia” (1937) di Gio Ponti in faggio con seduta in multistrato sempre in faggio
Sedia Livia
- Sempre di Gio Ponti la sedia n. 699 “Cassina” (prodotta dal 1957) “super leggera” un’icona del design italiano, appena 1700gr, con una struttura ottenuta dalla combinazione di frassino e faggio, con le gambe di sezione triangolare (18mm di lato) e seduta impagliata
Sedia Cassina - super leggera
- La sedia “Zanotta – Singer” di B. Munari (1945) è un oggetto d’arte “per sedute brevi” come descritta dallo stesso Munari. Prodotta in serie limitata ha una struttura in noce lucidato a cera intarsiata e una seduta in alluminio anodizzato
Zanotta-Singer
- Sedie con telaio in metallo
Sedia “MR” (MR10 seguita poi dalla MR20) con tubolari in acciaio cromato di M, Van Der Rohe presentata al Werkbund di Stoccarda nel 1926, è considerata la prima sedia a “sbalzo a “U”, anche se M. Breuer aveva già progettato una sedia a "U" a sbalzo con pannelli di seduta e di schienale in faggio traforato nel 1925-26 per la mensa del Bauhaus, anticipandone il principio costruttivo
MR10 Sedia Breuer
Sedia “Thonet” di P. Bottoni (1930) con tubolari in acciaio cromato
Sedia Thonet
Sedia di F. Albini presentata alla Mostra dell’Abitazione 1936, in tubolari di acciaio e seduta in lamiera traforata rivestita da materassino
Sedia Albini
Sedia “Knoll” di E. Saarinen (1952)
Saarinen
Sedia “Miller” con telaio in tubolari in acciaio cromato e seduta e schienale in legno stratificato, di C. Eames. Fu prodotta dal 1955 al 1959, oggi è prodotta solamente su ordinazione.
Sedia Muller
Sedia/poltroncina Zanotta “Charllotte” (anni ’50)
Sedia Chalotte
Sedia pieghevole “Plia” di G. Paretti (1967) prodotta dalla Catelli
Sedia Plia
Sedia “Vicario” per Artemide di V. Magistretti (anni ’60)
Vicario
Sedia “Lambda” (1960) di M. Zanuso in lamina di acciaio (lavorazione ispirata a quella del settore dell’automobile)
Sedia lambda
- Sedie in plastica
Sedia “Tulip Chair” in resina e fibra di vetro di E. Saarinen (1957)
Sedia Tulip
Sedia di S. Coppola per Bernini (anni’60)
Coppola
Breve sntesi dei riferimento bibliografici
- lombardi, “ Distretto della sedia: design tra passato e futuro”, F. Angeli Ed. 2013
- Fossati “ il design”, Ed. Tattilo, 1973
- Voce “Disegno industriale” Treccani
- Antikvariat ANTIQUA Kommendörsgatan 22 S-114 41 Stockholm, Sveden
Qualche osservazione di massima sulle potenzialità delgi impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica
Placido Munafò
Di seguito fatta un'analisi di massima per verificare la "convenienza energetica" degli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica.
La superficie dello Stato Italiano è di circa 311.000 Kmq pari a 311.000.000.000mq e la superfice edificata è stimata pari a circa il 7%, ovvero 21.700 Kmq pari a 21.700.000.000 mq. Facciamo l’ipotesi che sul 10% della superficie edificata si possono istallare pannelli fotovoltaici (tetti degli edifici esistenti), la superficie risultante è pari a 2.170.000.000mq.
La radiazione solare max al suolo in Italia è poco superiore a 1400 w/mq = 1,4 Kw. Molte fonti indicano come 1500 kwh/mq anno l’energia solare globale media in Italia (in particolare, l'irraggiamento medio annuale varia dai 3,6k kWh/m2/giorno della pianura padana ai 4,7 kWh/m2/giorno del centro Sud e ai 5,4 kWh/m2/giorno della Sicilia).
[Si valuta questo dato confrontando la radiazione solare globale per una superficie di pannelli fotovoltaici inclinati di 45° rispetto al piano orizzonta per Cagliari e Torino. Se si prende in considerazione la località di Cagliari (una località in cui arriva una quantità di energia solare che tra le più alte in Italia) per una superficie inclinata di 45° rispetto al piano orizzontale senza ostacoli e con un coeff. di riflessione max pari a 1 si ha 1800Kwh/mq anno, mentre per il coeff. minimo di riflessione pari a 0,1 si ha 1645 Kwh/anno (che diventano rispettivamente di 1825 Kwh e 1728 Kwh/anno per una inclinazione di 30°). Approssimativamente in difetto si può considerare una radiazione globale media di 1700 kwh/anno per Cagliari. Se si prende in considerazione Torino (località con un soleggiamento rappresentativo per il Nord Italia), con coeff. di riflessione 1 e 0,1 con una inclinazione di 45° si ha rispettivamente: 1688Kwh/anno e 1502 Kwh/mq anno (con una inclinazione di 30° sia rispettivamente: 1650 Kwh/anno e1565 Kwh/anno). Approssimativamente in difetto si può considerare una radiazione globale di 1550 Kwh/anno per Torino. Mediando i valori assunti in difetto per Cagliari e Torino si ha un irraggiamento globale di 1620 kwh /anno circa.]
Assumendo il valore medio di 1500 Kwh/mq anno si può fare una stima che può ritenersi cautelativamente attendibile. A questo valore si sottrae il 20% per tenere conto di perdite di efficienza dei pannelli fotovoltaici ad esempio per la non perfetta pulizia delle superfici del pannello, perdite di efficienza per invecchiamento dell’impianto, ecc., da cui il valore dell’energia solare globale presa in considerazione è di circa 1200 Kwh/mq anno. Considerando un rendimento del 12% dell’impianto (valore sufficientemente cautelativo), l’energia ricavabile annualmente dagli impianti fotovoltaici è di: 1300Kwh/mq anno x 0,12 = 144 Kwh/mq anno di energia disponibile, arrotondato per difetto a 140 Kwh/mq anno.
Il consumo di energia elettrica in Italia è dell’ordine di 310/320 Twh ovvero 310/320.000.000.000kwh.
Considerando gli incentivi per l’efficientamento energetico si può ipotizzare che i consumi di energia elettrica si riducano a 280/250 Twh anno, pari a 280/250.000.000.000kwh anno.
Nell’ipotesi che si utilizza il 10% della sup. edificata in Italia (2.170.000.000 mq), assumendo il 12% come valore per l’efficienza degli impianti fotovoltaici, si ricava una produzione di energia elettrica di: 2.170.000.000mq x 140 kwh/mq anno = circa 300 Twh/anno, pari al fabbisogno di energia elettrica dell’Italia.
Considerando una vita utile dell’impianto di nuova generazione di 20 anni (varia tra 20 e 30 anni), laa produzione di energia elettrica complessiva risulta di 6.000 Twh.
A tale valore va sottratta l’energia utilizzata per la realizzazione, montaggio, manutenzione e dismissione impianti, nonché una quota parte di energia persa per decadimento delle prestazioni dell’impianto durante la sua vita utile. Considerando che il tempo di ritorno dell’energia spesa per la produzione dei soli pannelli fotovoltaici di nuova generazione varia da 1,5 a 4,4 anni, ipotizzando un tempo di ritorno medio di circa 3 anni (per la costruzione dei pannelli fotovoltaici con una superficie pari al 10% della superficie costruita), si ricava un consumo di energia di 900 Twh per 3 anni. A questo consumo di energia va aggiunta quella utilizzata per produrre gli altri componenti dell’impianto (es. accumulatori), per il montaggio, la manutenzione e lo smaltimento. Ritenendo che il costo energetico maggiore si ha nella produzione dei pannelli fotovoltaici, si ipotizza un consumo di energia aggiuntivo del 60% all’energia spesa per la produzione dei pannelli fotovoltaici. L’energia complessiva utilizzata per la produzione, installazione, manutenzione e smaltimento degli impianti risulta quindi di circa 1.440 Twh pari a circa la produzione di energia in 5 anni degli impianti fotovoltaici. Ne deriva che per 15 anni (su 20 anni) gli impianti sono energeticamente in attivo di circa: 4.500Twh (pari al 75-80% del fabbisogno di energia elettrica nazionale in 20 anni).
L’ipotesi assunta di utilizzare il 10% della superfice coperta dalle edificazioni è stata fatta per dimostrare che NON è necessario utilizzare terreno coltivabile per l’istallazione di impianti fotovoltaici, così come è avvenuto in molte località con un rilevante impatto ambientale.