Ad una certa età credo che abbia poca importanza se i ricordi possono diventare invadenti, o se si preferisce ingombranti, anche se sono parte del nostro vissuto e ci appartengono. Il pericolo che si corre è che si dimentica che sono solo ricordi. Mi annoia e mi intristisce quando parlando con amici o anche parenti, la discussione si riduce solamente nel rinvangare un passato rimpiangendolo  come se fosse stato il migliore dei mondi possibili, negando così l’esistenza di un futuro che è l’unica realtà da costruire, in quanto anche il presente come il passato di fatto non esiste, scorre così veloce che in pratica non è vissuto. L’idealizzazione dei propri ricordi è come cercare disperatamente il grembo materno? Oppure semplicemente rappresenta la vita come se fossimo seduti in una sala di attesa appettando che finisca? Negarsi il futuro ripiegando sul passato è come costruirsi prima del tempo la propria tomba: è la rassegnazione che trova le proprie radici nel  fatto che la  vita è considerata come oramai vissuta, finita. La vita invece va avanti anche a 90 anni e anche a questa età esiste un futuro, perché la vita non è una parabola che dopo raggiunto il vertice inizia il declino, ma è una linea retta con un inizio che si vive pezzo dopo pezzo fino ad arrivare alla fine.

(N.B. mi scuso per la versione pubblicata predentemente per errore era un primo canovaccio. La versione ora  disponibile é quella che doveva essere pubblicata)