La morale come  valore assoluto,  nelle religioni perché proveniente da Dio e nelle ideologie (morale laica) giustifica un modello di società e di riflesso un auspicato comportamento individuale ad essa congruente.

Secondo la morale religiosa i fedeli – di qualsiasi religione – godrebbero, rispetto ai non credenti,  di una sorta di superiorità in quanto capaci di vivere in maniera eticamente corretta e svolgere nel contempo una funzione socialmente utile e solidale, l’etica o la morale assume quindi “valore o valori assoluti”, perché ritenuta condivisibile da tutti. Ma a pensarci bene, seguire la  morale religiosa è un atto di egoismo legato al premio o al castigo nell'aldilà. 

Allo stesso modo la cosiddetta morale laica, ispirata alla presunta esistenza di un perfetto o migliore  modello di società  presuppone,  da parte di chi li propugna, una sorta di superiorità ideologica il cosiddetto “eticamente e politicamente corretto”. Questo avviene nella convinzione di dar vita a comportamenti sociali ritenuti assolutisticamente giusti. Anche in questo caso abbiamo a che fare con presunti valori morali ritenuti di valenza assoluta. Nella cosiddetta morale laica l’egoismo individuale risiede, da un lato, nella certezza di essere nel giusto anche a discapito di chi la pensa diversamente e, dall’altro lato, nel premio che ci si aspetta dalla società come riconoscimento di fedeltà al modello propugnato o realizzato.

La scelta del  NON voto in qualunque competizione elettorale (nazionale, regionale, o comunale) viene impropriamente  considerata un atto ostile alla società, non comprensibile, sia perché favorirebbe l’avversario politico senza una apparente motivazione, nonché addirittura presupporrebbe un disimpegno civile. Ma invece  ha un preciso significato di politica attiva, altro che disimpegno, ovvero la perdita di rappresentatività dei partiti, liste e coalizioni. Questo i differenti schieramenti politici lo sanno bene ed è per tale motivo che l’astensione al voto viene è considerata come un atto ostile alla democrazia, per non dire addirittura incivile in quanto  violerebbe quella “morale laica” assunta come metro di giudizio e ispiratrice del modello di società propugnato dai vari politici.

In verità il non voto è un atto civile e democratico per eccellenza, ed è semplicistico, nonché non veritiero, definirlo semplicemente una protesta. Infatti, con il non voto il potenziale elettore esprime democraticamente il fatto che non si sente rappresentato da partiti, liste coalizioni in competizione elettorale.  Nella sostanza, al di la di ogni presunta morale, si manifesta il sacrosanto diritto di NON sentirsi politicamente rappresentati, ovvero  NON condividere “le ricette politiche” che gli sono proposte .

 

 

Quindi  non sentirsi politicamente rappresentato è una eventualità per la quale  la democrazia non entra in crisi, ma evidenzia invece  la crisi delle forze politiche che si riducono a rappresentare se stesse e non i Cittadini.