Da qualche giorno si è aperta nella città di Macerata una discussione sull’opportunità di ospitare in P.zza Mazzini una scultura per celebrare il 150° anniversario dell’unità d’Italia, scultura promossa dalle logge massoniche maceratesi. A tal proposito sentiamo

il dovere di puntualizzare alcune questioni per liberare il campo dalla facile e inutile retorica. La prima questione riguarda proprio “chi” promuove tale iniziativa e il significato di essa. In relazione a ciò teniamo a sottolineare che Macerata, con delibera del consiglio comunale, é “Città di Maria” prima ancora di essere “Città della Pace”, cosa quest’ultima banale e inutile, anche perché vorremmo sapere chi e quali città si fregiano della dizione di “Città della guerra”! Detto questo riteniamo che per coerenza Macerata non possa ospitare simboli massonici nel rispetto proprio della sua identità cattolica. Non si tratta di essere intolleranti come qualcuno potrebbe obiettare, si tratta di non dare spazio ad associazioni che di fatto non possono che essere definite segrete e fuori dal tempo nei valori che in apparenza vorrebbero esprimere e che sono da più di tre secoli già parte integrate della cultura occidentale, e parliamo di uguaglianza e libertà di pensiero, ecc.. Ricordiamo poi che non si è dato spazio alla possibilità per la realizzazione della statua di Padre Matteo Ricci solo perché il Comune doveva impegnare qualche migliaio di Euro a differenza della statua promossa dalla massoneria che si dice interamente finanziata dai privati. E’ questo il solo motivo per cui detta statua troverebbe consenso e libererebbe le coscienze dal peso di non spendere denaro pubblico? Non può certamente essere questa una giustificazione plausibile soprattutto in relazione al momento storico che viviamo e alla concezione diffusa della massoneria, associazione che può definirsi tutt’altro che liberale in quanto non aperta a tutti. Sappiamo che si leveranno un coro di proteste in relazione a questa nostra affermazione, ma il dato oggettivo è questo, anche se c’è sempre qualcuno che vorrebbe sostenere l’incontrario. La seconda questione riguarda il senso dei festeggiamenti del 150° anniversario dell’unità d’Italia che sottace colpevolmente molte verità storiche su come è stata realizzata proprio l’unità d’Italia. Per capire il senso di questa nostra affermazione, diciamo subito che la nostra presa di distanza rispetto a certi festeggiamenti retorici e menzonieri è il rispetto per le centinaia di migliaia di vittime della cosiddetta unità d’Italia di cui si fa finta di niente. La storia retorica del risorgimento italiano che ci è stata propugnata per decenni è un qualcosa che certamente non fa onore al popolo italiano. Se proprio dobbiamo festeggiare lo dobbiamo fare con cognizione di causa. Chi conosce un mimo di storia si pone la domanda di cosa dovremo festeggiare? I valori risorgimentali espressi dal noto “patriota” Nino Bixio che riferendosi alla rivolta del sud Italia all’occupazione piemontese così si esprimeva: “In questo Paese i nemici e gli avversari si uccidono, ma non basta uccidere il nemico, bisogna straziarlo, bruciarlo vivo a fuoco lento … è un Pese (riferendosi al meridione d’Italia) che bisognerebbe distruggere o almeno spopolare e mandarli in Africa a farsi civili …”. Oppure dobbiamo rifarci al “democratico” referendum del 1861 dove ci dicono che il popolo italiano votò in massa per l’unità di’Italia, quando in verità alle urne ci potevano andare solo i favorevoli che rappresentavano circa il 20% della popolazione, e dove, ad esempio, in città come Napoli si votò con i seggi controllati da camorristi con tanto di coccarde tricolori? Oppure dobbiamo festeggiare la cosiddetta “impresa dei mille” che trovarono appoggio finanziario della massoneria e logistico della mafia siciliana e che portò alla farsa della vittoria di Catalafimi tanto celebrata dalle pellicole cinematografiche, quella in cui Garibaldi avrebbe detto la famosa frase: “qui o si fa l’Italia o si muore”? Una vittoria che non c’è mai stata perché il generale borbonico Francesco Landi in schiacciate superiorità numerica e di armamenti rispetto ai garibaldini decise di ritirarsi senza sparare un colpo perché comprato con i soldi della massoneria inglese e i suoi figli furono poi arruolati negli alti ranghi dell’esercito piemontese. Queste sono le motivazioni che ci portano a dissentire dall’ospitare la statua della massoneria in P.zza Mazzini e tanto abbiamo sentito il dovere di esternare per dare il giusto spazio all’intelligenza della ragione fondata sui fatti, ma soprattutto, data oramai come acquisita l’unità d’Italia, non accettiamo che i relativi festeggiamenti siano strumentalizzati dalla massoneria o da qualunque parte politica essendo l’unità d’Italia un patrimonio di identità nazionale comune a tutti i cittadini.

Placido Munafò Anna Menghi